Il tema del Reddito di Cittadinanza (RdC) e, più recentemente, delle nuove misure di sostegno al reddito come l'Assegno di Inclusione (ADI) e il Supporto per la Formazione e il Lavoro (SFL), ha sempre destato grande interesse e dibattito in Italia, soprattutto in relazione alla sua applicabilità ai cittadini stranieri. La normativa ha previsto fin da subito criteri specifici e stringenti per i non italiani, volti a garantire che il beneficio fosse destinato a chi avesse un reale e consolidato legame con il territorio nazionale. Comprendere questi requisiti è fondamentale per chiunque si trovi in questa condizione e cerchi supporto economico in Italia.
Introduzione al Reddito di Cittadinanza e i suoi Scopi Originari
Il Reddito di Cittadinanza è stato introdotto con il Decreto-Legge 4/2019, convertito con modificazioni dalla Legge 26/2019, con l'obiettivo primario di contrastare la povertà, l'esclusione sociale e supportare il reinserimento nel mondo del lavoro. Rappresentava una misura di politica attiva del lavoro e di contrasto alla povertà, che prevedeva un sostegno economico integrato con percorsi personalizzati di accompagnamento all'inserimento lavorativo e all'inclusione sociale. Questo beneficio era destinato a nuclei familiari residenti in Italia che rispettassero specifici requisiti di reddito, patrimonio e residenza.
Fin dalla sua ideazione, uno degli aspetti più discussi e complessi ha riguardato l'accesso per i cittadini stranieri. La legge ha imposto condizioni di residenza particolarmente rigorose, con l'intento di evitare abusi e di concentrare le risorse su chi avesse costruito una vita stabile in Italia. Questo ha generato non poche sfide interpretative e pratiche, sia per i beneficiari che per gli enti preposti alla gestione delle domande.
Requisiti Specifici per i Cittadini Stranieri nell'Era del RdC
Per i cittadini stranieri, l'accesso al Reddito di Cittadinanza non si limitava ai soli requisiti economici validi per tutti (come l'ISEE, il patrimonio mobiliare e immobiliare), ma richiedeva anche il soddisfacimento di condizioni aggiuntive relative alla residenza e al titolo di soggiorno. Questi criteri erano stati pensati per attestare un'effettiva integrazione nel tessuto sociale ed economico italiano.
- Residenza decennale: Il richiedente doveva essere residente in Italia da almeno 10 anni al momento della presentazione della domanda, di cui gli ultimi 2 anni in modo continuativo. Questo rappresentava uno degli ostacoli più significativi, poiché richiedeva una documentazione storica della residenza difficile da reperire per alcuni. Ad esempio, un cittadino extracomunitario giunto in Italia da 8 anni, pur avendo un ISEE basso, non avrebbe potuto accedere al beneficio.
- Titolo di soggiorno: Era indispensabile essere in possesso di un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo (ex carta di soggiorno) oppure di un permesso che consentisse il diritto di soggiorno permanente, come il permesso di soggiorno per protezione internazionale (status di rifugiato o protezione sussidiaria). I titolari di permessi di soggiorno di breve durata o per motivi di studio/lavoro temporaneo erano esclusi.
- Dichiarazione ISEE: Anche per gli stranieri, il calcolo dell'ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) era fondamentale. Questo doveva includere tutti i redditi e i patrimoni posseduti dal nucleo familiare, anche quelli prodotti all'estero, se rilevanti. La difficoltà, in alcuni casi, era legata proprio alla certificazione di tali redditi e patrimoni da parte delle autorità estere.
- Altri requisiti standard: Erano ovviamente applicabili anche tutti gli altri requisiti generali del RdC, come un valore ISEE inferiore a 9.360 euro, un patrimonio immobiliare (diverso dalla casa di abitazione) non superiore a 30.000 euro e un patrimonio mobiliare non superiore a 6.000 euro (incrementabile in base al numero dei componenti e alla presenza di disabili nel nucleo).
La Procedura di Domanda e la Documentazione per i Non Italiani
La presentazione della domanda di Reddito di Cittadinanza per i cittadini stranieri seguiva in linea di massima la stessa procedura prevista per gli italiani, ma con l'aggiunta di specifici documenti e verifiche. La corretta preparazione della documentazione era cruciale per evitare ritardi o il rigetto della domanda.
Le modalità di presentazione erano le seguenti:
- Centri di Assistenza Fiscale (CAF): I CAF fornivano supporto gratuito nella compilazione della Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) per l'ISEE e nella trasmissione della domanda. Per i cittadini stranieri, i CAF erano spesso il punto di riferimento principale per affrontare la complessità burocratica, in quanto potevano aiutare a verificare la completezza e correttezza della documentazione specifica richiesta.
- Patronati: Analogamente ai CAF, i Patronati offrivano assistenza nella preparazione e trasmissione della domanda, fungendo da intermediari tra il cittadino e l'INPS.
- Online: Attraverso il sito dell'INPS, accedendo con SPID, CIE o CNS, era possibile presentare la domanda autonomamente. Tuttavia, questa opzione era più adatta a chi avesse già una buona dimestichezza con le procedure telematiche e fosse in grado di allegare tutti i documenti necessari.
- Uffici Postali: Presso gli uffici di Poste Italiane, era possibile ritirare e compilare il modulo cartaceo, per poi consegnarlo allo sportello. Anche in questo caso, la verifica della completezza dei documenti restava a carico del richiedente.
La documentazione aggiuntiva per i cittadini stranieri includeva principalmente il permesso di soggiorno (o carta di soggiorno UE) e ogni documento utile a dimostrare la residenza continuativa per almeno 10 anni, di cui gli ultimi due in modo ininterrotto. Questo poteva comprendere certificati storici di residenza, contratti di affitto registrati, bollette di utenze intestate e altri documenti ufficiali che attestassero la presenza sul territorio italiano. La certificazione dei redditi e dei patrimoni detenuti all'estero, se non già inclusi nell'ISEE tramite convenzioni internazionali, poteva richiedere traduzioni giurate e legalizzazioni.
La Svolta Legislativa: da RdC ad Assegno di Inclusione e Supporto Formazione e Lavoro
A partire dal 1° gennaio 2024, il Reddito di Cittadinanza è stato abolito e sostituito da due nuove misure principali: l'Assegno di Inclusione (ADI) e il Supporto per la Formazione e il Lavoro (SFL), introdotte dal Decreto-Legge 48/2023, convertito con modificazioni dalla Legge 85/2023. Questa riforma ha comportato importanti cambiamenti anche per i cittadini stranieri, pur mantenendo alcuni principi cardine relativi alla residenza.
Assegno di Inclusione (ADI) per i Cittadini Stranieri
L'ADI è una misura di sostegno economico e di inclusione sociale e lavorativa, destinata ai nuclei familiari in condizioni di povertà, con almeno un componente disabile, minorenne, ultra sessantenne o in condizione di svantaggio e inserito in programmi di cura e assistenza dei servizi socio-sanitari territoriali. I requisiti per i cittadini stranieri sono:
- Residenza: Essere residente in Italia da almeno 5 anni, di cui gli ultimi 2 anni in modo continuativo. Questo requisito è meno stringente rispetto ai 10 anni del RdC.
- Titolo di soggiorno: Essere in possesso di un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, oppure di uno status di protezione internazionale (rifugiato o protezione sussidiaria), o titolari di specifici permessi come quello di lavoro stagionale pluriennale.
- Altri requisiti: Valore ISEE non superiore a 9.360 euro, patrimonio immobiliare (diverso dalla casa di abitazione) non superiore a 30.000 euro, e un patrimonio mobiliare non superiore a 6.000 euro (incrementabile).
L'ADI mira a concentrare il sostegno sui nuclei familiari più vulnerabili, promuovendo percorsi di attivazione sociale e lavorativa tramite la sottoscrizione di un Patto di Attivazione Digitale (PAD) e un Patto di Inclusione.
Supporto per la Formazione e il Lavoro (SFL) per i Cittadini Stranieri
Il SFL è una misura individuale di attivazione al lavoro per persone tra i 18 e i 59 anni, con un valore ISEE non superiore a 6.000 euro, che non rientrano nei requisiti per l'ADI (ad esempio, perché nel nucleo familiare non ci sono minori o disabili). Offre un beneficio economico di 350 euro al mese per un massimo di 12 mesi, subordinato alla partecipazione a progetti di formazione, qualificazione o riqualificazione professionale, orientamento e accompagnamento al lavoro.
Per i cittadini stranieri, i requisiti di residenza e soggiorno per il SFL sono analoghi a quelli dell'ADI: residenza in Italia da almeno 5 anni, di cui gli ultimi 2 continuativi, e possesso di un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo o status di protezione internazionale. Anche qui, la documentazione attestante la residenza e il titolo di soggiorno è fondamentale.
Queste nuove misure cercano di focalizzare l'attenzione sulla formazione e l'effettiva integrazione lavorativa, pur continuando a garantire un presidio di sicurezza sociale per le fasce più deboli, sempre con un occhio di riguardo alla stabilità della presenza sul territorio italiano.
Implicazioni Sociali ed Economiche per la Comunità Straniera in Italia
L'introduzione del Reddito di Cittadinanza e, successivamente, delle misure ADI e SFL ha avuto e continua ad avere un impatto significativo sulla comunità straniera in Italia, sia a livello sociale che economico. Questi strumenti rappresentano una rete di sicurezza per molti, ma presentano anche delle sfide.
Dal punto di vista economico, il RdC ha contribuito a ridurre le sacche di povertà tra le famiglie straniere, in particolare quelle con molti figli o con capifamiglia che faticavano a trovare un'occupazione stabile. Il sostegno mensile ha permesso di coprire spese essenziali come l'affitto, il cibo e le utenze, contribuendo a una maggiore stabilità economica per migliaia di nuclei familiari non italiani. Un esempio concreto è la famiglia di Mohammed, arrivato in Italia dieci anni fa con la moglie e due figli, che grazie al RdC ha potuto affrontare un periodo di disoccupazione, garantendo ai figli la continuità scolastica e un'alimentazione adeguata, senza ricorrere all'assistenza caritatevole.
Tuttavia, le difficoltà burocratiche e i requisiti stringenti hanno spesso creato barriere all'accesso. La dimostrazione della residenza decennale, in particolare, si è rivelata complessa per coloro che avevano avuto periodi di assenza dal territorio italiano o per i quali la documentazione non era facilmente reperibile. Molte associazioni di categoria e organizzazioni non governative hanno giocato un ruolo cruciale nell'assistenza alla compilazione delle domande e nella traduzione dei documenti, fungendo da ponte tra i cittadini stranieri e le istituzioni.
Con il passaggio ad ADI e SFL, l'attenzione si sposta ulteriormente sull'attivazione lavorativa. Questo può essere sia un'opportunità che una sfida. Se da un lato l'obbligo di partecipazione a corsi di formazione e la ricerca attiva di lavoro possono favorire l'integrazione e l'autonomia economica, dall'altro lato, le barriere linguistiche, la non piena riconoscibilità dei titoli di studio ottenuti all'estero e la discriminazione sul mercato del lavoro possono rendere più difficile per i cittadini stranieri l'accesso a queste opportunità. È fondamentale che i percorsi offerti siano realmente efficaci e inclusivi, tenendo conto delle specificità e delle esigenze della popolazione straniera in cerca di occupazione.